Pubblicato dalla solita ammirevole stoica Snowdonia in coproduzione con Afe Records (il disco è apparso in streaming su Bandcamp a luglio, la distribuzione Audioglobe è di ottobre), ecco la quinta release maggiore in dodici anni di attività discografica per il cuneese classe 1970 Fausto Balbo, a due anni da quel "Detrimental Dialogue" smezzato con Andrea Marutti che ci era molto piaciuto.
Fausto fa stavolta con la sua elettronica glitch di ispirazione metà krauta metà industriale - ma dal taglio artiginale e fragrante - una specie di concept pessimista sul web e sul web 2.0 dei social e dei login appunto, con lo spirito di chi dopo un giro circospetto e attento corre prima possibile a fare logout, agli antipodi insomma dell'ottimismo modernista, yuppie e finto-ingenuamente pro-tecnologico del James Ferraro di "Far Side Virtual".
L'elettronica di Balbo è rabdomantica nel senso che si aggira zoppa alla ricerca di una forma propriamente musicale, e te la fa intuire, te la fa immaginare, restando sempre orgogliosamente al confine tra concreta pura e suono orientato/organizzato. Come già abbiamo avuto occasione di sottolineare, è questo un ambito inflazionato e rischioso, ma il nostro sa bene come costruire i suoi materiali e il risultato, per quanto apparentemente anche di base, riesce a suonare freschissimo e godibile.
E' un viaggio nella rete non consolatorio da un punto di vista della dimensione sociale-comunicativa, tutto grumi, inciampi, interdizioni; più appagante forse per chi cerca davanti allo schermo la sublimazione di un'esperienza individuale/individualistica di ritiro appartato, di meditazione. Dal romanticismo austero subito ricondotto a un algido inciampare di bit di "Harvester of Bits" appunto, all'effetto didgeridoo di aphextwiniana memoria di "Virus Scan", dalla illbient arabeggiante e misteriosa - poi addensantesi in figure quasi gobliniane - di "Hardmysticmeeting", ai suoni al limite dell'infrasuono che fanno agghiacciare il gatto di "Hi Mr. Kemp", dalla mimesi naturalistica e dalle krauterie di "Bird's Room", al melmoso drone dub di "Clozier's Room" e allo sfarfallio spacey di "Walkin' With Klaus" (il pezzo più formato - nel senso di musicale - del lotto). Fino ai quasi diciotto minuti conclusivi di "Will Future Man Develop a Third Ear?", che stimolano lo spuntare di questo famoso terzo orecchio con un fantastico concertino di ciguettii - fischi, rumori e rumorini - che diventa poi un muro di micro-contrappunti come di grilli in trance, diciotto minuti che passano ipnotici e lisci come fossero manco cinque.
[Gabriele Marino] |