[reviews] afe070cd
amon: foundation

 
post-it rock []
webzine, italy, october 2005

Un sodalizio che si ripete quello fra Afe ed Eibon, le due etichette si erano già incrociate in occasione dell'uscita di True Colour of Blood. Quale occasione migliore per uno sforzo congiunto se non quella di una colossale doppia raccolta di Andrea Marutti targata Amon.

Questo doppio CD raccoglie l'ormai irreperibile full-length che era stato stampato dalla Murder Release nel 1996, il limitatissimo CD-R "Mer" uscito su Blade Records nel 2000, ed alcune tracce inedite o bonus.

Credo che le parole con cui la Eibon descrive Amon come una vera e propria "leggenda dark ambient" siano appropriate oltre che indirizzare chiunque stia leggendo nei territori calcati all'interno di questo disco.

Lande desolate, verrebbe da dire facendosi suggestionare dalla copertina e verrebbe da aggiungere "aree arse dal sole", ma sinceramente più che di processi di desertificazione credo che si possano utilizzare le inflazionatissime parole di Sun Ra: "Space is the place".

La maggioranza delle tracce (per esempio Prepare to Leave, Osirion e la title track Foundation), sembra ricostruire un ambiente siderale/niotico per il super-feto di Kubrick, quando non ricorda addirittura gli esterni fatti sull'astronave della celebre odissea spaziale (ed essere messi in parallelo con Ligeti in un film impostato sulla colonna sonora non è cosa da tutti).

Sull'altro versante invece si trovano pezzi come Uhura Photons, Secret Chamber e Mopula che si concedono a spiragli di melodia per quanto chiaramente non si tratti certamente di melodie alla Brian Eno.

Il disco è corposo e molto omogeneo (infatti nonostante le distinzioni fatte sopra non si tratta di due tipologie di pezzo), quelli più consumati fra di voi, o meglio i più pratici del genere, credo che non potranno fare a meno di notare che, contestualizzando le tracce del 1996, Amon era sorprendentemente al passo con alcune delle migliori cose che ruotavano attorno al filone "dark ambient" ed al giro isolazionista.

Potremmo dire Aura piuttosto che Thomas Koener, o Eclipse invece che Final: i drone non vengono mai tagliati in modo brusco, i suoni e le atmosfere si sovrappongono in modo graduale tanto che lo stordimento durante l'ascolto è da mettere in conto come un effetto collaterale.

Drones bui ma non si respira aria "death ambient" o nessuna atmosfera stile Cold Meat Industry… Provare per credere.

[Andrea Ferraris]

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