[reviews] afe056lcd
luca sigurtà: la vera macchina d'argento

 
blow up []
magazine, italy, april 2005

Luca Sigurtà era noto ai certosini di "Homemade" (se non ricordo male nn. 26 e 45). Poi, gradatamente, allargandosi lo scenario dei "novi sperimentali", ramificandosi le reti delle possibilità, con le nuove giovani labels super-indipendenti a promuovere la "nuova estetica dei CD-R", lui - come altri - è uscito dal guscio del "domestico" per muoversi nella terra di (tutti e di) nessuno della "produzione masterizzata".

Già in tempi non equivoci Sigurtà era riduzionista, di quelli "radicali", che lavorano con gli "scarti" del suono, i rimasugli dell'udibile. Forse siamo stati un po' vigliacchi, forse un po' ignoranti: col senno di poi quei lavori (ad esempio "La Sindrome di Stoccolma"), che restano sicuramente acerbi, appaiono il prologo frammentato di un discorso che ora si estende oltre il quarto d'ora nelle singole due parti de "La vera macchina d'argento", mentre l'inciso "L'assassino minacciato" è una lacerazione di continuità, che spezza e rilancia quest'aspirazione al silenzio.

Se, come si dice, in musica l'equivalente dell'immagine fissa - dell'ingrandimento? - è il silenzio, Sigurtà nella prima parte giunge ad un passo dal "fermo immagine", dopo aver rasato gelidi prati armonici. In questo processo di rallentamento - che implica anche una "guntherizzazione" della sensibilità - aumentano, per contro, le tensioni emotive (aguzzare le orecchie).

Queste si sciolgono nella seconda parte, una levitazione "dronizzata" d'un suono che s'allontana e scompare come un sudario trasportato nell'oscuro. Sepolcrale (nel senso "alto", poetico), "La vera macchina d'argento" è un accadimento che genera spazio-tempo oltre sè.

[Dionisio Capuano, 7/8]

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