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Differenti
sensazioni XVI / Ibridi
Parole di Hue
Assieme agli
strofinii secchi ed asciutti, e ad un gocciolante suono forse sintetico,
i tasti del pianoforte suonato chissà dove, chissà quando
e da chissà chi, mi aprono e cercano in tutti i modi di ricordarmi
che non sono felice, e che non ha senso cercare con ogni mezzo di esserlo,
come arditamente mi arrangio a fare da troppo tempo. E quando mi sembra di dover decidere di rinunciare, di potermi adagiare per sempre ed accettare una vita a metà, quel pianoforte scompare, e sopraffatto dai grani di un intenso suono elettronico comincia a farsi dimenticare, come sempre è accaduto - e non è difficile scordare quelle sequenze poco armoniche, non orecchiabili, suonate come si può trascinare una rete bucata piena di sassi. E' così
che deve andare: bisogna di nuovo dimenticarsi di avere una vita a metà,
che quell'altro cinquanta per cento è difficile da conquistare
anche passo passo, a decimali nascosti dietro virgole, uno alla volta,
come i grani scomposti che si riorganizzano secondo le formule sconosciute
ma intuibili del finale di quella musica elettronica. Le immagini
sullo schermo adesso sembrano tutto quello che posso vedere e percepire
con ciò che non è udito, alla mia sinistra c'é Domenico
ma non esiste più, a destra il vuoto, i musicisti sono ora nascosti
sotto i loro tavoli, dietro le proprie scatole, come se volessero rispettare
il silenzio visivo che gli spettatori necessitano in quell'ultimo lungo
istante del concerto.
Cosa che
incredibilmente mi riesce nonostante una pioggia a scrosci, un vento pazzesco
che scaraventa rami in prima corsia (giuro!) e un miserabile coglione
che al casallo riesce a combinare un casino tale da far attendere la mia
fila (quella fortunata, sì) per 20 minuti, periodo nel quale forse
riesco a battere il record di bestemmie ottenuto da Fhievel mentre
il suo laptop si riavviava durante il live di Pavia. Alle due
meno un quarto eccoci nel loft omo-newyorkese di Luca Bergero,
una casetta molto chiara, minimale, fatta di pochi elementi geometrici
e moderni. Come la sua musica: mancano solo i vetri di carta. - niente
sugo di pomodoro; Fremono i
preparativi per la performance danzante di Gabriella Cerritelli
e così per gli iXemiani non è facile trovare attenzione
dai tecnici presenti per le questioni logistiche. A tutto questo si aggiungono
le atroci urla delle ragazzine che fanno le prove per lo spettacolo teatrale
che precederà i concerti, al quale Fhievel non vede l'ora
di assistere, amando profondamente il teatro contemporaneo e gli strilli
acuti, tanto che gli tremano le mani dal nervoso. Detto questo,
mi scuso pubblicamente per l'ennesima uggiolata che combino andando al
cesso e tirando lo sciacquone durante il momento di maggior silenzio e
pathos dello spettacolo, e ritrovandomi con gli occhi degli astanti puntati
addosso mentre ignaro e basito mi rendo conto che lo scroscio si sente
per tutto il salone. Come Peter
Sellers in Hollywood Party mi inchiodo alla porta (ovviamente
priva di maniglia e impossibile da chiudere) nel tentativo di filtrare
qualche frequenza dello sciaquone più lungo (circa 2'35'') che
abbia mai sperimentato. Un'ora dopo
il sadico Domenico, da poco arrivato con nostro gaudio, mi presenterà
l'affascinante ballerina, ed io avrò l'accortezza di diventare
grande come una pulce e nascondermi tra il pelo di Kira. Qui invece,
oltre che notarsi un cambiamento di apparecchiature (un Mac che
sostituisce il Dell) e l'aggiunta di microfoni a contatto collegati
a latte e scatole di cartone, balza all'orecchio una maggiore durezza
e cupezza del suono, che legato allo splendido video in bianco e nero
di Davide Horiko, dà un senso di tetraggine al tutto. Il
tutto sembra comunque come sempre calcolato al millimetro ed al decibel,
nessuna frequenza sfugge a Luca. Per certi
aspetti più elaborato e complesso rispetto alle cose più
vecchie, ma più sofferto. Forse so anche il perché. Le associazioni che si creano nel montaggio casuale sono incredibili, e rendono la fruizione del concerto un'esperienza faticosa. Così come già in altri casi (con Fhievel+Horiko ad esempio) nel cervello si mischiano gli impulsi dal nervo ottico e da quello uditivo, cercando dentro di sè le corrispondenze di senso che il caso e la volontà artistica vanno a creare, ma qui i punti sono tre: da una parte i suoni e dall'altra l'intrecciarsi dei due filmati. A tutto ciò
si aggiunge la mobilità fisica di Luca che sul finale per
suonare una chitarra preparata e una rete metallica amplificata si alza,
così che l'occhio passa sui suoi movimenti. Dico la verità:
vorrei rivederlo per poter dire altro. L'impressione generale è
ottima, tutto minimale e mai fuori posto, l'enfasi è la cosa più
lontana che si possa immaginare, ma tutto resta troppo complesso forse
per una testolina di cazzo come la mia. Posso solo
aggiungere che le immagini di Manuele a tratti si incontrano molto
bene con i suoni dei Logoplasm, e nello scorrere generale hanno
flussi che scorrorno con piacevole parallelismo, ma la musica di Paolo
e Laura, a differenza di quella di altri, è fatta a
tratti di grossi salti di intensità, che secondo me dovrebbero
trovare una corrispondenza nelle immagini da parte dello spettatore. In ogni caso,
l'effetto globale è a tratti immenso. Il repertorio
spazia da cose strettamente Afe (Leeza,
Kabal, Kluster
Cold, etc.) a roba in arrivo (lo straordinario Digital Butter)
e altra roba di amici presenti (guarda un po' ci sono i mitici Sparkle
in Grey remixati dagli Ether!), con chiusura rilassante e un
po' kraut-rock dei De Fabriek. Ci voleva. Dopo pochi
chilometri mi rendo conto che la stanchezza è maggiore di quella
che pensavo, e così le tante lucine dei vari lavori in corso sulla
Torino-Milano di volta in volta si presentano sotto forma di diverse
e dinamiche allucinazioni che mi vengono incontro, tanto che la mia velocità
continua ad oscillare tra i 130 e i 50 all'ora, con Siouxie che
mi strilla nelle orecchie. Alla fine
mi butto sulla radio per salvarmi, ma Carmen Consoli mi stende
col suo nuovo patetico devastante singolo matrimoniale. E' passato
un anno dalla Biella dell'anno scorso, dove a Musique Actuelle
ho conosciuto per la prima volta la gente che sentivo via internet, Sigurtà,
Fhievel e poi Manuele e Horiko. Un
anno esatto. Sono più
vecchio di un anno, ma non conta. Ero già morto allora. |