◄ back |
Mark Hamn: Je déchire l'ongle aux criminels |
![]() |
Artist: Mark Hamn Title: Je déchire l'ongle aux criminels Label: Afe [afe103lcd] Format: CD-R ltd. to 150 copies in pro-printed cardboard sleeve Tracks: 7 Playing time: 37:14 File under: Post-Everything / Electroacoustic / Glitch Release date: April 2007 |
Track list: 01. Les Justes 8:02 02. À partir est d'ici la seule solution 4:15 03. Le besoin de la réflexion 3:16 04. Malaises douces 6:00 05. La charnière du temps 5:40 06. Le vent fait un tour en dehors à la notification de moi 3:37 07. Automatism de la dernière heure 6:10 |
Press release: Francesco Giannico, best known as Mark Hamn, originates from Carosino a small town near Taranto, in the southern part of Italy. He's graduated in "Musicology and Musical Heritage" at the University of Lecce with a thesis on "History of film music". Musically he was born as an indie-guitarist, but an unexpected convergence with experimental electronic music some ten years ago changed his musical orientation, driving him into a different direction. During the recent years several of his works were published on the Internet in the form of free downloadable albums by popular net labels, including the italian Sine3pm. His musical approach is better described as a cinematic journey which pushes the boundaries of digital media even further by incorporating smooth melodies and gentle textures. More canonical instruments such as guitar and piano are constantly present into Mark's music, within interrupted structures or long and dreaming sonorous carpets. "Je déchire l'ongle aux criminels" is his first physical release and it is published as a friendly co-production between Afe and Bar La Muerte. Strangely enough, both Bruno Dorella of Bar La Muerte and Andrea Marutti of Afe contributed guitar and treatments on "Les Justes" - the long opening track - at an earlier stage when the album was still supposed to be released by another label. The title of this track, and all the others as well, is a reference to the work of Arthur Rimbaud, the famous and influential french poète maudit. "À partir est d'ici la seule solution" is a track which includes many of the elements used by Mark Hamn on this release. It begins with a looped woodwind instrument paired with laptop-generated high frequencies; a timpani roll introduces simple but effective guitar melodies and arpeggios accompanied by field recordings of water and rusty gear. The woodwind loop and timpani return in the closing section as a recording of a restless crowd in the distance discloses a sort of discomfort. "Le besoin de la réflexion" is the shortest track on "Je déchire l'ongle aux criminels", it features fluid piano patterns finding their way through cinematic pads and various layers of microsounds. "Malaises douces" begins with what seems to be an highly distorted guitar drone teamed up with digitally manipulated rhytmic noises. Peaceful guitar loops slowly emerge as more and more treated field recordings populate the background. "La charnière du temps" is a lovely droney number that showcases particularly evocative qualities. It's a perfect soundtrack to accompany an old Super-8 home movie and the fading colours of what once was youth. For sure it is one of the tracks contained on "Je déchire l'ongle aux criminels" that impressed us the most. With "Le vent fait un tour en dehors à la notification de moi" we get back into glitcher territories. This track is constructed on all sort of sound scoriae and offers a closer look on the digital side of Mark's music, so to speak. "Automatism de la dernière heure" is another ambient-oriented composition enriched by rhythmic miniatures, which is a nice ending to a beautiful album of skillfully created sober and heartfelt music. |
Reviews: "Talmente bello da essere difficile recensirlo." Perdonate il pomposo occhiello a questa recensione, in effetti è più un modo mio per mettere le mani avanti che un vero commento sul disco, ma sono sincero quando affermo che "Je déchire l'ongle aux criminels", nella sua varietà, nel suo equlibrio, nel suo essere ben fatto e ben suonato, è davvero tanto complesso da risultare difficile da commentare. Si possono fare i soliti paragoni, dicendo che Francesco Giannico ha certamente assimilato la lezione di etichette di genere come 12K (Minamo e Dupree, per esempio), ma va anche detto che possiede una vena melodica che affonda negli studi classici. Si sa, a volte tutto questo non basta e ciò che ne esce sono molti spunti interessanti ma mal assemblati, mentre qui è l'amalgama finale che è al limite della perfezione: arpeggi di chitarra, field recordings, microsuoni, tutto è ben calibrato. Perfino la durata dei brani, che varia dai tre ai sei minuti, sa di giusto equilibrio, tanto da far pensare che scorre anche una vena pop nei solchi del disco, quando si ascoltano i passaggi di "Le besoin de la réflexion". A tratti è invece un sentimento più disturbante a prendere il sopravvento, come nell'intro della tetra "Malaises douces", con però il suo finale malinconico sulle note di una chitarra filtrata e multi-stratificata. Il disco conserva ad ogni modo, dall'inizio alla fine, un umore malinconico, ed è frutto di una co-produzione tra due tra le più interessanti etichette italiane dell'under-underground, Afe e Bar La Muerte, i cui titolari partecipano anche musicalmente con un contributo chitarristico nella prima traccia." Matteo Uggeri, Sands-Zine, July 2007 "Francesco Giannico/Mark Hamn è qui all'esordio su supporto fisico, dopo una serie di pubblicazioni per net label. "Je déchire l'ongle aux criminels" è un album complesso e ambiguo, perché dimostra come Francesco abbia rielaborato i propri ascolti per fabbricare un suo mondo e perché riesce a trasmettere sia serenità sia inquietudine. Il glitch delle ultime due tracce, i suoni elettronici saturi, senza dimenticare il tentativo di incorporare la chitarra in un contesto ambient/elettronico, ricordano Fennesz, ma la melodia acustica di "À partir est d'ici la seule solution" riporta ai recenti percorsi di ripensamento del folk alla luce delle possibilità offerte dal digitale, non ultima la spinta a realizzare musica concreta utilizzando strumenti ormai molto semplici da reperire: è davvero molto indovinata la scelta di unire alla semplicità della chitarra il rumore dell'acqua che scorre e lo stridere di qualcosa di arrugginito, perché ci viene dato il senso di una quotidianità altrettanto semplice, mentre la chiusura tra alte frequenze e nel vociare della folla trasmette – e da qui l'ambiguità – l'inquietudine (appunto) di una partenza. Lo stesso discorso vale per "Malaises Deuces", duplice sin da questo ossimoro, preso, come tutti gli altri titoli, dal poeta-bambino Arthur Rimbaud, figura anch'essa densa di contraddizioni: l'inizio è caratterizzato da disturbi abrasivi e da quello che pare il riverbero di una chitarra elettrica, un buio dal quale esce un raggio di luce acustico, che ci conduce pacificati alla fine del pezzo. "Je déchire l'ongle aux criminels" induce a pensare alla nascita di un discorso preciso in Italia, tanti sono i progetti che ripensano strumenti non elettronici in un contesto ambient, ciascuno coi suoi modi e i suoi metodi (di recente viene da citare Fabio Orsi, Appleyard College, Selaxon Lutberg, ma anche l'Hue di alcuni frangenti). Ancora più interessante, ma impossibile da sviluppare in sede di recensione, sarebbe vedere come in questi ultimi anni rock e ambient si stiano incontrando a metà strada, indipendentemente da quale sia il punto di partenza dei singoli progetti. In ogni caso, se tutte le uscite avranno questa poesia, sarà difficile che tale discorso venga a noia." Fabrizio Garau, Audiodrome, July 2007 "Che la Puglia sia uno dei migliori laboratori musicali indipendenti europei non lo scopriamo oggi, una poetica contemporanea a cielo aperto si sviluppa fra natura e cultura del passato, come questo album di Mark Hamn, ovvero Francesco Giannico. I suoi studi legati alla musica per cinema si fondono con un taglio elettro-acustico e glitch, formando un manto ambientale di forte impatto emozionale. Questo disco è pervaso da una vena cinematica meridionale, ispira quella pace apparente meditativa fra muretti erbosi e fragranze rurali, dove però ricorrono continui pensieri colmi di tensione. Nella seconda traccia, sia nell'incipit che nel finale c'è un rimando al modo di comporre di certi cinefili del post-industrial francese come Land ma dal piglio fanciullesco alla Bronnt Industries Kapital, al suo interno quei passaggi arpeggiati fra rumori ambientali sono un tassello alla Morr Music più scafata. Ma c'è di più. Mark Hamn usando infatti la chitarra fra microwaves e clicks, operativamente si avvicina a certo descrittivismo dell'est alla Nexsound, ma al posto di micro-beats e scheletrismo Hamn riempie lo spazio con ariosità post-rock/sintetiche variegatissime e dense di un sottinteso folklore, il freddo si tramuta in brezza malinconicamente calda, è l'odore e il tatto della pietra serale dopo essere stata battuta dal Sole. Nel brano di apertura "Les Justes" ricorrono gli screzi dei boss Dorella e Marutti, mazapeguls dispettosi che disturbano il passeggiare del musico Hamn fra drones sospesi e field recordings acquosi, di cui ci sarà uso anche nelle seguenti tracce. La ricerca della concentrazione è palpabile nella terrazza pianistica di "Le beison de la réflexion", in "Malaises douces" una chitarra distorta fennesziana si disperde passando come un temporale, arpeggi, screzi disordinati soffocati sul nascere, puzzle mentale. "La charnière du temps", un brano sospeso fuori dal tempo alla Seefeel, con quel drone-quasar pulsante sfumato come un cirro tra quei rumori umani, è un filmato ripercorrente tutta una vita, sembra quando da piccoli verso l'ora di cena estiva si camminava nelle strade strette di un paese di mare e dalle finestre si sentivano le storie di tutti, il televisore, il tintinnare delle posate, e pareva di essere immortali e testimoni di tutte le epoche, un pezzo di una bellezza immane, impressionismo sonoro allo stato puro. Nei due pezzi finali Mark Hamn si districa nel glitch-ambient, specialmente in "Automatism de la dernière heure" con quei beats scarnificati e un impianto strisciantemente free ci sono scambi di umori alla Kiritchenko. Tutte le influenze e artisti citati servano non tanto come paragone, ma per capire la fusione di stili personale che Giannico ha nelle proprie corde, tutto avviene con spontaneità, leggiadria ed equilibrio formale, una piuma. Mark Hamn è un grande osservatore e creatore di elettronica contaminata, di cui l'Italia è ottima fucina, ascoltatelo e vivetelo per capire quello che con le parole non si può dire." Psychosis, Drexkode, August 2007 "Mark Hamn - nome d'arte per il pugliese Francesco Giannico - e questo suo primo album (almeno in formato solido) sono la prova non solo che si può fare sperimentazione anche dalle nostre parti, ma che addirittura qualcuno la fa' per davvero; perchè sebbene non porti il timbro Kranky o Touch, e sebbene non stiamo parlando di Fennesz o Stars of the Lid, le otto tracce di "Je déchire l'ongle aux criminels" posseggono un impatto davvero notevole e inaspettato, e per questo meritano pari onori. Naturalmente l'idea è quello di giudicare la musica in quanto tale, eppure non è del tutto errato fare un opera di contestualizzazione attorno al messaggio musicale stesso. Forse è questa solo una prova che il sentimento musicale italiano si sta sprovincializzando!? La cosa ancora più paradossale sapendo che probabilmente il povero Francesco, vivendo nella sua Lecce, non ha mai avuto contatto 'diretto' con fermenti di sperimentazione artistica tipici delle grandi città. Ma è la musica di Mark Hamn a sconfinare ben oltre, a partire già dal titolo dell'opera, come dei singoli pezzi, in francese: così ci sono le sbavature analogiche da elettronica berlinese ('Les justes'), come il post-rock abissale di Labradford ('Le besoin de la réflexion'), come il suono glaciale di un piano appeso sull'infinito ('La charnière du temps'). Più di tutto c'è un tocco morbido, un ridimensionamento sensibile dei passi drone-istici che abbiamo apprezzato anche nei dischi dei Port-Royal (altro esempio di sperimentazione nostrana ma degna di sconfinare). Mark/Francesco e il suo ambient dalle larghe pennellate, costruite su chitarra processata e altri ingredienti minimali, è sicuramente un ottimo e coraggioso lavoro di ricerca verso una dimensione musicale poco incoraggiata dalle nostre parti." Andrea Firrincieli, Losing Today, August 2007 "Je déchire l'ongle aux criminels" è la prima "vera" uscita - le altre pubblicazioni erano disponibili solo in rete - per Francesco Giannico, in arte Mark Hamn. Sette tracce di musica ambientale / elettronica con qualche lieve accenno al post-rock. La maggior parte dei pezzi sono composizioni lunghe, lente; loops che si adagiano l'uno sull'altro, strutture che si sommano ad altre strutture, noise elettrici su distorsioni varie, glitches su landscapes infiniti. Ci sono arpeggi di chitarra che si ripetono ciclicamente. Ritmi al silicio che si rompono creando frammenti sonori irregolari. E poi grandi aperture cinematografiche che possono ricordare qualcosa dei Labradford o alcuni dischi degli Oval. I brani più brevi sono eccessivamente sperimentali, troppo confusi e per questo convincono meno. Comunque sono solo pochi e ristretti momenti. Nel complesso è davvero un ottimo disco. E' evocativo, è melodico, è emotivo, è vario: le tante parti si completano tra loro regalando trenta minuti che vengono ascoltati e riascoltati senza annoiare. Una delle migliori cose che mi sono capitate tra le mani ultimamente. Consigliato." Sandro Giorello, Rockit, August 2007 "...più risoluto il disco d'esordio di un altro giovane italiano, Francesco Giannico dalla provincia di Taranto, in arte Mark Hamn. Qui le posizioni sono meno rigide e in virtù di questa maggiore flessibilità l'ambient music è soltanto uno dei riferimenti in un lessico che mescola con buona personalità tremore melodico, astratta digitalia, bricciche di glitch e trattamenti di field recordings." Nicola Catalano, Blow Up, September 2007 "Mark Hamn è lo pseudonimo scelto dall'esordiente pugliese Francesco Giannico, laureato in musicologia con una tesi sulla storia della musica per film, ex chitarrista indie e attivo nell'ambito musicale sia per quello che riguarda la scena artistica sia per l'utilizzo e la sperimentazione sulle tecnologie. Come detto precedentemente, la carriera di Hamn non comincia con questo disco dal momento che on-line erano già stati pubblicati suoi album, alcuni entrati anche in più ampie compilations. "Je dechire l'ongle aux criminels" non è un disco da primo ascolto, tende a divenire familiare e coinvolgente dopo un po' di ascolti. Ciò non toglie l'importanza e la portata qualitativamente alta a livello musicale dei brani, e soprattutto non va ad escludere il coinvolgimento successivo, che esercitano alcuni pezzi. Esempio di questo potrebbe essere la terza traccia "Le besoin de la réflexion", brano ambient (genere in cui Hamn affonda parecchio le mani e a cui si può avvicinare il suo lavoro) che si muove su onde calme ed inquiete, per aprirsi nel finale a piccoli suoni e voci, percussivi o acidi. L'utilizzo degli strumenti è ben gestito da Hamn che non rinuncia alla sua chitarra, né alla musica concreta, ripresa digitalmente come in "Malaises douces" titolo preso come gli altri dal poeta Arthur Rimbaud. Del poeta francese si respirano l'afflato lirico e l'ambiente malinconico e decadente, quello surrealista, quello delle voci della folla, quello del simbolismo. La possibilità elettronica e digitale della riproduzione sonora e dell'elaborazione dell'impasto sonoro in alcuni casi permette di sviluppare e stimolare una creatività nuova, un lavoro intelligente e poetico come in questo caso. L'ambito così elettronico e sperimentale di Hamn non è di facile ascolto ma riesce ad esprimersi in immagini figurative e liriche di non poco valore come in "La charnière du temps" dove la diffusione sonora latente accoglie la melodia di un pianoforte delicatamente evocativo. "Je déchire l'ongle aux criminels" è un buon lavoro, che si rifa' all'ambient, passando per i clichè degli ultimi brani, grattando e saturando il suono senza arrivare all'estetica industrial di Scanner ma recuperandone lo stesso spirito flaneur." Simone Broglia, Mescalina.It, September 2007 "Non abbiamo il piacere di conoscere le varie pubblicazioni per net-label di Mark Hamn (al secolo Francesco Giannico, ventiseienne di Taranto), ma questo suo debutto "ufficiale" è, ad ogni modo, sintomatico di un cammino che può già dirsi importante, di una ricerca che va incoraggiata perché, nonostante la maturità artistica sia ancora di là da venire, è pur vero che all'interno del panorama elettronico-sperimentale italiano, il Nostro ci sembra possa tranquillamente meritare un posto di primo piano. L'uso della chitarra, lo sfondo ambient/elettronico, la tensione verso una sorta di folk post-umano, le screziature glitch costituiscono, dunque, mondi paralleli attraversati da respiri digitali ("Les Justes"), dove la coabitazione tra laptop, field recordings e guitar treatments si fa' metafora di una compenetrazione ideale tra il richiamo della terra (lo scrosciare dell'acqua, gli stridori metallici, le voci fantasma) e le evocazioni digitali che sembrano squadernare, senza alcun timore, senza alcun pudore, il riverbero della memoria lungo qualche sentiero interrotto ("À partir est d'ici la seule solution"). Essenziali, allora, la spazializzazione del suono, lo sconfinamento verso un "oltre" imprevisto, ma carico di misteri inebrianti ("Le besoin de la réflexion"). Giannico ha talento, è evidente. Sa abbandonarsi senza lasciarsi travolgere dalla forza evocativa, dal valore immaginifico del ronzio-tremore di una nube di suono. Ed è in questi momenti ("La charnière du temps") che il disco imbocca definitivamente la strada dell'onirismo più puro e impalpabile, lasciandosi dietro tutte le variazioni-tentazioni "rumoriste", quasi fossero accidenti di un corpo sonoro intrinsecamente impalpabile. Ma in quanto creatura essenzialmente ambigua, "Je déchire l'ongle aux criminels" non può fare, comunque, a meno di mostrare anche il suo lato più disturbante ("Malaises douces", le strutture amorfe e il puntillismo aleatorio di "Le vent fait un tour en dehors à la notification de moi" e, infine, "Automatism de la dernière heur", con miniature ritmiche e mosaici di micro-bolle che sorgono ed esplodono dentro un vuoto pneumatico). Giannico ha talento, e siamo quasi sicuri che non ci metterà molto a partorire il suo personale capolavoro." Francesco Nunziata, Onda Rock, October 2007 "Je dèchire l'ongle aux criminels" is an innovative, atmospheric and cinematic mix of melodic guitar craft, laptop manipulation, sound objects and field recordings. Each of the tracks are fashioned masterfully with their own identity and vibe, Hamn aptly mixing his accomplished and mainly electric melodic guitar with a myriad of field recordings and sound textures to build up a very rich and detailed audio canvas that never loser either its atmospheric edge or becomes too swamped in aimless audio debris. He utilizes voices, nature sounds, static and all manner of sounds, along with more harmonic elements like jazzy textural swoons - like on the beginning and end of track two - rich piano sentiments or electronic textural drones. But the real star here is his guitar playing which goes from been a warming and tuneful, to rich and sentimental, to making walls of feedback, mixing in touches of folk, blues and memorable walls of softer rock harmonics. A wonderful accomplished, rich and varied album of guitar craft and atmospheric sound painting. Surely of interest to those who enjoy their ambient and instrumental music richly detailed painted and sculptured. It's such a crying game that this is limited to such a low number of 150 copies, so act quick and go to the Afe website for track samples, buy direct, etc." Roger Batty, Musique Machine, October 2007 "Je déchire l'ongle aux criminels" is like a particularly fiendish Chinese box. Electronic treatments, guitar, field recordings, and other such objects are used in a complex manner, but they are somehow made to fit perfectly together. In bringing this about, a strong creative spark is evident. Mark Hamn foregrounds relationships of aggression and decay, clang or chime and fading pulsation while simultaneously showing a subtle concern for timbre. During "Malaises douces", for one, the truculent metallic character and use of tremolo in the piece finds a pleasurable counterpoint with the more meditative wooden tones of the guitar. In these places, the material is more abstract, draped in an air of exploratory research into sonic microcosms, but elsewhere the music quite naturally slides into a different economy like one body of water into another, one which is more stationary and slow, moody and reflective. Here piano, organ, and distant voices come into play. Occupying a sort of middle ground, they are lustrously figured, as Hamn teases away at repeated phrases. Other sound qualities and rhythmic trajectories are introduced as the work continues. These keep the proceedings from becoming entirely relaxed, for there always remains a measure of uncertainty about how the music will continue to play out, both in terms of speed and direction. At times, patterns are the chief concern, at others an interest in the sounds in themselves is at hand. "Je déchire l'ongle aux criminels" chronicles a myriad of unravelling sonic relationships and insights in great detail." Max Schaefer, Earlabs, May 2008 "The press release purports that "his musical approach is better described as a cinematic journey" and mentions that the artist, a graduate in Musicology and Musical Heritage, has written a thesis on the history of film music. His knowledge and fascination with music in film is very obvious when listening to "Je déchire l'ongle aux criminels", the first physical release from Southern Italy's Francesco Giannico, a.k.a. Mark Hamn, after a number of free downloadable albums. It would be fair to say that this album is a bit hit and miss - opener "Les justes" is a chirruping, burbling confection of internet noise akin to tuning a radio, replete with half heard whispers and fragments of conversation, fairly pretty but basically unremarkable. The decidedly Final Fantasy-esque woodwind instrument loop in "Á partir est d'ici la seule solution" bookends a mishmash of guitar melodies (betraying Hamn's indie-guitarist roots) intertwined with some frankly irritating high frequencies (which are apparently computer generated, leaving one wondering whether Hamn was under the impression that making his music partly unlistenable was somehow making it better), and "Malaises douces" becomes boring quickly, with intermittent squeaks and blips doing nothing to detract from what sounds surprisingly like nothing so much as a Nirvana guitar track. When Hamn tones down the feedback, however, there are some definite high points, notably the beautifully understated menace of "Le besoin de la réflexion" and the dreamlike quality of "La charnière du temps," which paves the way for star track "Le vent fait un tour en dehors à la notification de moi", bringing to mind David Lynch, or rather Angelo Badalamenti, in a particularly glitchy mood. Closing track "Automatism de la dernière heure" is contemplative, with an almost hymnal quality that provides a fitting end, and you can't help wishing at this point that there were perhaps one or two further tracks to allow Hamn to develop more fully his cinematic stride. A moderate success then, and certainly an artist to keep an eye on." Catherine C., Connexion Bizarre, July 2008 |
◄ back |