[reviews] afe50013
aal: urania

 
sound and silence []
webzine, italy, september 2007

Prima di iniziare è doveroso da parte mia fare tre premesse:

1 – condivido con Davide Valecchi/aal una sincera amicizia ed una collaborazione musicale;

2 – anche Andrea Marutti di Afe Records è un mio amico, e sei anni fa pubblicò un analogo (solo per formato) cofanetto del sottoscritto;

3 – nonostante questo, i due di cui sopra hanno chiesto esplicitamente me quale sventurato recensore del corposo box "Urania" che ora mi trovo fra le mani e le orecchie.

Detto questo, ogni imparzialità nel giudizio del disco risulterà difficile, quindi prendete le mie parole con la dovuta distanza.

Davide Valecchi è un musicista prolifico e quindi parecchi sono i suoi lavori dalla metà degli anni novanta ad oggi, peraltro segnati da svariati progetti musicali: dall'omaggio a Photek di Solenoide alle esperienze nei gruppi metal, passando per le release sperimentali a nome aal (tra le quali il bellissimo "Oggi ho indossato la tua mancanza") per infine approdare come chitarrista nel gruppo Dark-Rock-EBM dei Videodiva.

Nonostante la prolificità e l'appoggio di etichette a loro modo blasonate quali l'ahimé defunta S'agita Recordings, il suo nome è sempre rimasto confinato alla conoscenza di un piuttosto ristretto numero di appassionati, quindi non è di certo nel tentativo di un successo commerciale che Afe decide di rendere pubblici i lavori inclusi in questo cofanetto. Il contenuto del box raccoglie solo materiale inedito realizzato dal 2000 al 2004: inutile dire che la qualità dei dischi e dei brani è alterna, sebbene nulla resti al di sotto della soglia della decenza: al contrario, la maggior parte delle tracce è di qualità molto alta.

Essendo i CD organizzati in ordine cronologico, si parte dalle composizioni un po' ingenue di "Disc 2", tra gli abbozzi aritmici di "Unknown Metal Device" e la già bella e complessa "Sand-Stained, Sun-Whitened", in parte – con la sua cupezza addolcita da sparuti inserti melodico-glitch – nello stile di un aal più maturo. Come recita anche una nota in calce al disco, massiccia è la presenza di suoni di synth ed effetti elettronici vari, utilizzati "in modo istintivo", quindi forse un po' eccessivamente "plasticosi" per accontentare palati esigenti.

Molto più bizzarro "Disc 3", dove tre lunghe e lugubri tracce sepolte tra i riverberi celano "trasmissioni radio e televisive, onde corte e registrazioni su nastri analogici"' che "si assume vengano dallo spazio": il risultato è straniante e di non facile ascolto, dove a tratti pare effettivamente di scorgere raccapriccianti voci di alieni che complottano nel buio. Anche qui siamo di fronte ad una prova di non facile fruizione, ma per i fan di Coil e Lustmord un disco da 10 e lode (peraltro realizzato esclusivamente sul trattamento improvvisato di tali bizzarre fonti sonore).

L'impianto concettuale si fa più forte e intricato in "Composita Solvantur", 70 minuti divisi in quattro movimenti "ognuno dei quali può essere considerato come una statica descrizione dello stesso posto visto da un angolo differente". Una tematica forse vicina al Kurosawa di Rashomon ma qui in realtà esplicitamente tributata al poeta Franco Fortini, autore di un libro di cui il disco riprende il titolo. Staticità è dunque la parola chiave del CD, a mio avviso parecchio più maturo dei precedenti, che riesce a rendere i suoni più lontani dall'effetto "questo è un synth", avvicinandosi all'ambito dei microsuoni ed allontanandosi lentamente dall'ambient, che ancora è però presenza forte ma gradevolmente atta ad addolcire le asperità. Splendido il modo in cui le tracce si evolvono, soprattutto in "Eon Celebration", a cavallo tra il Punck di "A Constant Migration" e Pete Namlook.

Fino a questo punto s'è capito come una certa cupezza quasi di marca isolazionista abbia serpeggiato nelle tracce: chi conosce la discografia di aal ricorderà "In Luce", suo capolavoro sereno e leggero, tenente fede al proprio titolo. Il quinto disco di "Urania", "Engine Summer", con un suo richiamo all'estate e forse ancora alla luce, ne è in qualche modo gemello ed è stato registrato nello stesso periodo del 2003. Come "In Luce", anche questo gioiello vola più alto e si lascia alle spalle le frequenze da subwoofer, portando l'ascoltatore nella dolcezza della title track, melodica e sognante, vicina forse alle pagine migliori della prolifica Fax del già citato Namlook. Bizzarramente però altri brani si dipanano tra dissonanze da musica contemporanea ed ancora sintetizzatori in evidenza, ritornando forse un po' indietro rispetto ai suoni affialati di "Composita Solvantur".

A questo punto ecco una sorta di svolta, dove in "Delicate Debris" Davide lascia da parte i synth e si concentra su suoni analogici di piano, chitarra, flauto e mandolino, alla ricerca di un suono più personale. Il risulatato è ottimo, e dà vita al brano migliore del box, il raffinatissimo ed emozionante "Sunny Sunday", accartocciandosi poi in una serie di (questa volta brevi) brani glitch, che nell'ossessiva "These Are My Words" rasentano addirittura il fastidio deliberato tipico di certe malignità dei Nurse With Wound. "A Paper Forest" e la title track ritornano invece in ameni territori ambient, chiudendo quello che è il disco più vario del lotto.

Se siete arrivati al termine di questa lunghissima e diffile recensione, avrete capito come la musica di aal spazii in molteplici territori, i cui riferimenti vanno dai Coil ambientali ai già citati Nurse With Wound di "Soliloquy For Lilith", utilizzando fonti sonore di ogni tipo e attraversando molti dei sottogeneri della già indefinibile musica sperimentale. Se a tutto questo aggiungete che esiste un sesto disco, ordinabile separatamente e contenente solo ed esclusivamente il suono dell'acqua di un ruscello ("La Ruina", fiume che dà appunto titolo al disco), capirete come alla fine l'operazione di riunire e pubblicare tutti questi lavori in un'unica scatola sia stata tutt'altro che futile.

Se aggiungiamo ancora che la suddetta scatola, in piena tradizione Afe, è curata sin nel minimo dettaglio in una rispettosa imitazione delle vecchie copertine di Urania degli anni '70 (la fantascienza è certo non solo un hobby per Davide Valecchi ed Andrea Marutti), il mio consiglio di acquistare tutto il box – sempre che siate di ascolti vicini a quelli qui lungamente citati - è quanto più possibile sincero.

[Matteo Uggeri]

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