[reviews] afe045cd
raffaele serra: europe endless + [talharion: footsteps on dead leaves]

 
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webzine, italy, march 2003

Raffaele Serra è un 'monumento' della musica elettronica italiana davanti al quale è bene inchinarsi con reverenza ma, nonostante ciò, ho difficoltà a parlarne perché le sue radici affondano negli anni Settanta, un periodo storico, nell'evoluzione di tale musica, che non mi ha mai affascinato.

Vabbè… un confronto con quel passato era, prima o poi, inevitabile, quindi getto la spugna e cercherò, nonostante la mia 'inadeguatezza', di affrontarlo cercando di essere il più obiettivo possibile.

L'obiettività impone, innanzi tutto, di dire che questi sono due ottimi dischi. Ne parlo al plurale perché mi sembrano evidenti, pur nella loro diversità, tanti punti di contatto negli elementi che ne forgiano l'essenza reale, quella di breviari di elettronica e ripetitività che travalicano la semplice raccolta di brani a beneficio di opere da comprendere e considerare nel loro insieme.

Proprio in tale qualità, e complessità, riesco a recepirne anche istintivamente l'eccellente fattura laddove ho invece difficoltà a collegarmi con alcuni dei singoli episodi. Ciò vale soprattutto per quanto riguarda "Europe Endless", il cui titolo è una manifesta citazione dei Kraftwerk, che è opera di grana più fine e che mostra anche una maggiore attenzione verso moods definibili "massificati".

I 13 brani del CD, che è dedicato a Fassbinder, sono 'ritratti' di altrettante città europee. In realtà, dato che Berlino compare due volte, le città tratteggiate sono 12; a meno che non si debba intendere tale duplicità in relazione alla lunga dicotomia est-ovest, che un decennio di armonizzazione non è certo bastato a sanare completamente, vissuta per quasi mezzo secolo dalla capitale tedesca.

Le diverse realtà urbane vengono stilizzate con mood differenti, la qual cosa rivela un'attenzione particolare riservata all'autonomia dei singoli brani laddove il progetto firmato da Serra come Talharion gioca di più sull'impatto dell'insieme.

"Europe Endless" si distingue anche per una maggiore attenzione riservata alla melodia (sarà questo il motivo per cui mi piace di meno) con momenti in cui l'incastro dei suoni, utilizzati con gusto pittorico, raggiunge apici di assoluta fluidità.

Quali esempi calzanti citerei soprattutto "Köln" e "Amsterdam". Serra riesce ad ammaliare anche quando si cala, a suo modo, nella tradizione: così nelle atmosfere bohémien tradotte dalla fisarmonica di "Paris" - ah! Che amore L'accordéoniste della Piaf - come in quegli speziati portali aperti verso l'oriente che sono "Praha" e "Zagreb". Ascoltare simili cose in questo momento, mentre i venti di una nuova guerra soffiano sempre più violenti, riesce a commuovermi fin quasi al pianto.

Trovo invece davvero ostici i ritmi ostentati e lineari di "Barcelona" e "Berlin (Metallic Universe)" cosiccome il jazz elettrico al quale "Düsseldorf" mi fa pensare (mi sto riferendo al jazz elettrico degli anni '70, un genere che non mi ha mai completamente convinto). Non me ne voglia il buon Serra, in fondo è solo questione di gusti.

Quella che in "Europe Endless" è un uniformità progettuale, se preferiamo un viaggio a tappe, in "Footsteps On Dead Leaves" si presenta quale oscura indagine su un unico luogo (o su un'unica idea).

Si tratta di una suite in sei parti il cui potere avvolgente cresce fino a raggiungere vertici di inguaribile malessere nella IVª, Vª e VIª sezione dove fanno buon gioco ritmi - e voci - catacombali (o ipnotici). Spero che la definizione dark-ambient non sia obsoleta per definire queste meditabonde escursioni nell'oblio. Altrimenti fate vobis.

[Etero Genio]

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